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Notte degli Oscar tra politically correct e gender gap

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In esito alla 93ma Edizione degli Academy Awards e agli onori resi lo scorso 25 aprile alle produzioni del 2020 tra commenti pro e contro il verdetto della giuria penso sia legittima  una riflessione circa se e in che misura hanno trovato spazio le statuizioni assunte dall’Accademy of Motion Pictures Arts and Sciences o, per meglio dire, se si percepisce già da subito la presenza di fondamenta di working progress in favore di inclusione e parità di genere.

 

L’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences (https://www.oscars.org/news/academy-announces-next-phase-equity-and-inclusion-initiatives)  ha, infatti, stabilito che a partire dal 2025 i lungometraggi candidabili all’Oscar come miglior film dovranno rispettare nuovi requisiti per assicurare un’equa rappresentanza di origine etnica, genere, orientamento sessuale e persone con disabilita . Tali requisiti si riferiscono non solo agli attori sullo schermo, ma anche a tutti i componenti dello staff tecnico ingaggiati per la realizzazione dell’opera che dovranno rispondere ad almeno due delle caratteristiche citate. L’intento sarebbe quello di dare visibilità a tutte le categorie di persone considerate svantaggiate nell’industria cinematografica: donne, minoranze etniche, appartenenti alla comunita LGTBQ+ e soggetti affetti da disabilità.

David Rubin, presidente dell’Academy e il ceo Dawn Hudson hanno dichiarato “Riteniamo che questi standard di inclusione saranno un catalizzatore per un cambiamento essenziale e duraturo nel nostro settore”.

Le misure, imposte per regolamento, non sono sicuramente gradite all’interno del mondo del cinema e nella società.

All’indomani della notte degli Oscar torna prepotentemente il dubbio che possano trovare un’applicazione concreta. Non si è percepito alcun segno minimo di “apertura” ideologica. Prevarrà  il politically correct o si riuscirà ad ottenere una migliore rappresentanza di genere o di altre categorie minoritarie e/o svantaggiate? Il cinema e veramente sempre e solo un esercizio di fantasia o come diceva Jean-Luc Godard, “La fotografia e verità e il cinema e verità ventiquattro volte al secondo”? Fermando i riflettori sui divari di genere, che rappresenta l’aspetto maggiormente inquietante, si può notare che l’appartenenza al genere femminile è un fattore sfavorente nel cercare un’occupazione davanti o dietro la macchina da presa. Un dato su tutti, in 93 anni di vita degli Oscar una sola volta nel 2010 il riconoscimento per il miglior film e stato assegnato ad una regista donna: Kathryn Bigelow per il film The hurt locker e solo altre 4 donne hanno ottenuto una nomination in questa categoria: Lina Wertmuller, Sofia Coppola, Greta Gerwig e Jane Campion.

 

Il primo rapporto di DeA “Gap&Ciak, i divari di genere nel lavoro e nell’industria audiovisiva: lo stato dell’arte” (https://www.irpps.cnr.it/wp-content/uploads/2017/01/rapporto-GapCiak_definitivo.pdf), progetto sostenuto da SIAE, lancia uno sguardo sulle opportunità offerte alle donne in questo settore. Purtroppo, gli ostacoli che le donne dello spettacolo, del cinema, della TV si trovano ad affrontare sono simili a quelli che in generale si manifestano nel mercato del lavoro: discriminazioni nelle assunzioni, minori retribuzioni, precarie condizioni di lavoro, difficolta nell’accesso alle posizioni decisionali e di maggiore prestigio. A parità di formazione le cause della diseguaglianza di genere possono essere identificate nelle pratiche di ingaggio, nelle fasi di consolidamento della carriera, e nella mancanza, per alcuni ruoli, di modelli di riferimento e stimoli già in fase di formazione. Tra il 2003 e il 2012 solo il 16% dei film europei con una distribuzione e stato diretto da una donna, in Gran Bretagna le donne sono il 13% dei registi, il 20% degli sceneggiatori, il 27% E’ possibile una bellezza che vada oltre i canoni estetici? Oltre sesso, genere, età? Una bellezza che sia inclusiva e possibile? Per anni abbiamo visto eletto a modello di bellezza, quello di donne che al limite dell’anoressia sfilavano su passerelle, imputando anche al settore della moda, la responsabilità di veicolare un’immagine della donna e del corpo femminile non aderente alla realtà, un’immagine femminile distorta. Diverse sono le case di moda e riviste patinate che oggi lavorano per abbattere il muro dei pregiudizi, eppure sembra siano ancora l’odio e le convenzioni ad andare di “moda”.

E’ triste constatare come a schierarsi contro chi non rispetta, come se poi fosse una dei produttori, il 18% degli executive, il 17% dei montatori, il 7% dei direttori della fotografia. Sono dati che richiedono attenzione, approfondimenti. Per quanto riguarda l’Italia solo il 12% dei film a finanziamento pubblico italiano è diretto da donne.

Delle opere prime e seconde, il 15,6% e diretto da donne, mentre il dato per i film di interesse culturale e dell’8,9%. Il 21% dei film prodotti direttamente dalla RAI e stato diretto da donne, mentre il finanziamento esterno vede l’11,4% del budget dedicato a film diretti da donne. La scarsità di finanziamenti si riflette nella scarsità di investimenti nella pubblicità, nella distribuzione e nell’esercizio. Solo il 9,2% (18% UE) dei film che raggiungono le sale sono diretti da donne, e ottengono il 2,7% (11% UE) degli incassi. Piu incoraggianti i dati che riguardano i festival. Il 33% (51% UE) dei film diretti da donne ha ricevuto una nomination o dei premi in festival nazionali o internazionali.

 

Cosa fare dunque per riequilibrare la presenza femminile nel mondo del cinema e dell’audiovisivo? In primis incoraggiare la formazione delle donne in questo campo, distribuire in modo egualitario i fondi pubblici, incentivare le case di produzione a concedere finanziamenti alle registe. Garantire, inoltre, un maggiore supporto ai film diretti da donne e una strategia specifica per pubblicita e distribuzione alle registe sulla base di un monitoraggio continuo delle domande di finanziamento e dei premi effettivamente attribuiti. Insomma, per dirla con le parole dell’attrice Viola Davis, candidata all’Oscar per il film “Il dubbio” (2008), “La sola cosa che separa le donne registe dai colleghi maschi e l’opportunità. Non puoi vincere un Oscar per dei film che semplicemente non riesci a fare”.

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2019/09/02/gender-gap-al-cinema-fallito-lobiettivo-5050-nel-2020-_b5dfb596-d38f-4c59-926f-647c76b52ed2.html

Antonella Giordano

 

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